Commenti all’ascolto – Ansiria, “Il vuoto e la sua vanità”, 2011 – Afrakà/Fullheads

Ansiria, "Il Vuoto e la sua vanità", 2011

Ansiria, "Il Vuoto e la sua vanità", 2011

  1. Dopo una rapida introduzione di chitarre e di tastiere in crescendo di climax, come svoltando l’angolo o come oltrepassando un confine o un muro di nebbia…
  2. ha inizio “Riuscirò”, brano in mid tempo dal forte impatto sonoro, a caratterizzare il suono sono le chitarre molto pulite e al tempo stesso costruite a creare un muro di energia sostenuto da una ritmica solid rock in down tempo con diffusi break a segnare i passaggi tra i tempi e un fronte sonoro suddiviso tra una copertura sferragliante di piatti e una loro netto taglio, in special modo sulle strofe.
    Irvin Vairetti ha una voce caratterizzata da un vibrato naturale che impreziosisce la potenza di una voce serica e vellutata.
    I testi non riesco a seguirli durante il canto e sarà così per tutto il lavoro.
  3. Si chiude e si passa a “I miei passi” una ballata introdotta e accompagnata da un arpeggio di chitarra flangiata, una chitarra acustica doppiate da uno xilofono lungo tutto il brano.
    La linea del basso avvolge l’intreccio come un’edera tenace.
    Marco Caligiuri  alla batteria incalza con un tono inutilmente energico e “picchiato” una canzone di grande respiro romantico, quasi filosofico per la qualità dei ragionamenti della bella voce di Irvin.
    Di pregio l’inserimento del breve insert di chitarra, non sufficientemente sviluppato a mio dire.
  4. “Criminal soldier” è il primo pezzo, la prima canzone che io definisco ben riuscita per gli equilibri tra i colori strumentali, l’intensità lirica delle parole, la struttura armonico/melodica e l’interpretazione.
    L’introduzione è, come del resto tutto il cd, un omaggio alle chitarre di Buckley.
    Bel refrain molto orecchiabile.
    Dopo il secondo refrain si ripresenta una sezione strumentale anch’essa poco sviluppata per durata e intensità. Una sensazione di dolbizzazione è presente per tutto il pezzo
  5. Un oboe introduce per quattro battute l’impianto sonoro di “Eolo”, una struttura già ascoltata in “Criminal Soldier”.  Il pezzo non si caratterizza per nessun aspetto in particolare, rivelando la conferma di quanto già ascoltato in precedenza.
  6. “Casaoeste” rivela subito una solarità, un ‘apertura di intenzioni e di dichiarazioni sincere e dirette.
    Assieme a “Criminal Soldier” è la traccia più riuscita per soluzione musicale ed equilibri tra le parti.
  7. L’incalzare interrogativo di Irvin, delle sue domande esistenziali trova un momento di “preghiera”, di “pace” in “Non userò”.
    Il pezzo come altre tracce attende di essere sottoposto alla prova del confronto con il pubblico per impreziosirsi di suggestioni che questo arrangiamento, anche con quell’intreccio finale di tastiere e chitarre con riesce ad evocare.
  8. Con “L’unico dubbio” sembra di essere ritornati ad una stilizzazione di certi suoni alla Specials, in stile ska di fine ’70/ inizio ’80.
    Pezzo molto ritmato, energetico, orecchiabile, di grande impatto radiofonico
  9. Intro che evoca “Lilac wine” di Jeff Buckley seguito dall’oboe unico legno del disco (pare sia un flute mellotron).
    Giunti all’ottavo pezzo, praticamente quasi alla fine del lavoro, devo dichiarare il mio totale dissenso nei confronti della scelta di immergere la voce in questo lago di frequenze basso medie, “dirette” dal fronte delle chitarre in primo piano e da una batteria che non si concede un minuto di tregua, di raffinatezza, presa com’è e sembra dal bisogno di quadrare il cerchio del beat.
    L’ascolto si rende faticoso! Mentre ci si rende conto che la voce e i testi diventano una ragione e non un diversivo per fare parlare questo autore soffocato da una nebbia in finto stile fantasy
  10. Cover tratta dall’omonimo album degli Osanna.
    Partecipa Lino Vairetti. Il lavoro strumentale è di quelli che impreziosiscono una bella canzone
  11. L’album si conclude con una delicata ballata il lento crescendo in stile Jeff Buckley  con punte di un Sylvian appena uscito dai Japan, “Brilliant trees”.

Punti di forza:

  1. bella voce, leggera di corpo, con un bel vibrato, predilige troppo i registri alti senza toccare mai neanche la gamma del basso baritono. Si suggerisce di rafforzare lo spettro per allargare la gamma che sembrerebbe essere nelle corde dell’artista.
  2. Quattro pezzi di sicuro impatto per la struttura, le suggestioni timbriche e la qualità dell’arrangiamento
  3. Le citazioni a Buckley e a Sylvian che mi paiono segno di rispetto e indicano il rapporto con un’eredità non celata dietro false ipocrisie
  4. La voglia di creare un’identità sonora
  5. La cura del booklet, i temi delle canzoni

Punti di debolezza

  1. Funzione delle liriche nel canto. Se sono scritte per essere capite assieme o dopo il primo ascolto, nel caso del cd l’obiettivo fallisce del tutto perché soffrono dell’urgenza di dire, significare, coprire le pause sfuggendo al principio della suggestione del tanto detto con il poco, con l’essenziale. Rimandato a settembre
  2. E’ vero l’identità sonora è un punto di forza. Ma soffoca completamente la qualità del canto, che probabilmente gli autori volevano asservire progettualmente al ruolo di tutto l’organico strumentale. Irvin Vairetti e la sua urgenza espressiva meritavano maggiore cura nel missaggio e soprattetto nel mastering che soffre di un evidente effetto di tagli di frequenze medie e di compressione sonora, poco in linea con lo spirito di fuga dal vuoto 🙂
  3. Avrei preferito un EP a sei, max otto canzoni. E gli spunti strumentali non sviluppati sono state delle opportunità non sfruttate

Voto: 6 e 1/2 pieno

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