Affezionati lettori della rubrica “Dipende!” ben ritrovati e un saluto a chi mi legge per la prima volta.
Qualche settimana fa vi avevo lasciato con un elenco di “cattive pratiche” che, per ingenuità, inesperienza o accesa vanità, il musicista o gruppo indipendente attua, sostenendo con i propri sudati soldi, mercati e attori di cui è apprezzabile solo la capacità di speculare sulle speranze altrui. Il Musicista in cerca di affermazione paga “stamperie” o “tipografie” improvvisatesi “editori” per dei servizi – la stampa del cd, la progettazione grafica, la distribuzione, il booking, l’ufficio stampa e la pubblicità – la cui resa non è paragonabile a quella delle major della musica o del libro.
Un editore, se tale è, ha il dovere di compiere delle scelte tra le tante proposte che gli pervengono in redazione. Un editore è inoltre un imprenditore cioè investe risorse proprie per il profitto sulla base di diverse variabili. Nel caso del “prodotto di cultura”, una di queste variabili è l’individuazione di una domanda mercato per prodotti formato da replicare ad oltranza. Un’altra, parallela alla prima e spesso finanziata dagli introiti della prima, è la proposta artistica di un autore/autrice ispirato da una visione emotiva unica ed inconsueta dell’esperienza umana. In questo caso, la domanda mercato ancora non esiste e la cura del progetto chiede forti investimenti per sostenerne l’iniziale fragilità
In ambedue i casi, le sorti del sostegno alla Cultura non possono essere in alcun modo affidate ad un micro sistema gattovolpesco, capitanato da pseudo direttori artistici, che chiede migliaia di euri per risultati che un diverso modello basato sulla rete e un’accorta ripartizione delle funzioni tra i membri di un gruppo consentirebbe di raggiungere a costi più contenuti. E senza svendere e quindi perdere i diritti sulle proprie composizioni!
Qualche esempio. Le band cedono i diritti all’etichetta in cambio, tra le altre cose, di un paio di presentazioni nei grandi magazzini della cultura e/o di un trasmissione radiofonica. E per la presenza del cd negli scaffali da dove nessuno li prenderà oramai né per 9, né per 5 euri.
L’anno scorso un gruppo totalmente indipendente e titolare dei propri diritti che io curavo e seguo ancora ha fatto ben venticinque date (25) tra show case e serate in 6 settimane pur non avendo un distributore riconosciuto dalle grandi catene della cultura. Siamo stati in molte radio locali e il cd può essere ascoltato gratuitamente sul loro sito e successivamente ordinato.
Sarò sincero, le sorti in termini di POPOLARITA’ in entrambi i casi non possono definirsi eccelse. Ma nel secondo, almeno non ci sono state perdite economiche, giuridiche e morali!
Lo spazio riservatomi dalla rubrica per ragionare sugli ostacoli che si frappongono tra la costruzione di un’identità e il seguito da parte di un pubblico pagante sta per esaurirsi. Ma non l’appuntamento che è rinnovato per la prossima settimana quando approfondirò altri temi relativi ai pro e ai contro dell’essere indipendenti in Italia nel 2011.
Voglio suggerirvi la lettura di un volume “The New Rockstar Philosophy” uscito da una settimana nell’edizione italiana curata da Tommaso Colliva e Claudia Galal. E’ un manuale di autoaiuto per musicisti con l’introduzione di Manuel Agnelli. Alla prossima!