Nel 2012,non è facile capire o intercettare i mezzi, i modi e i tempi con cui le miriadi di segmenti delle tribù dei follower porta avanti le proprie ricerche, passioni e culti nel campo dell’arte. E in special moda della musica.
40 anni fa noi che leggevamo già avidamente le riviste musicali e quelle di HI FI concorrevamo a portare a compimento il vuoto istituzionale che il regno dei media non aveva saputo affrontare in Italia negli anni sessanta quando le fonti informative erano davvero esigue per tutti.
Due riviste popolari, la televisione e la radio RAI imbrigliate a contenere la distanza tra il potere e il pubblico di effervescenti adolescenti in crisi di una identità da conquistare erano, assieme ai juke box, alle fonovalige e alle pochissime rivendite di qualità nelle grandi città, l’unica forma di percezione del Mondo al di là dei lenti ritmi della famiglia borghese italiana.
La musica e le sue forme, i suoi oggetti di diffusione avevano assunto quel ruolo che nel tempo gli sarebbe rimasto appiccicato addosso cioè il beneficio del simulacro per una liturgia da compiere per una messa collettiva, una messa pagana, una messa sostenuta dall’editoria.
Bene dal 1970 ad oggi le cose hanno funzionato secondo certi principi dettati dal fatto che il potere era tutto nelle mani dell’industria. La tecnologia digitale era alle porte e gli effetti sulle logiche di promozione e di vendita sarebbero state caratterizzate dalla più totale sordità di un sistema incapace di cavalcare le opportunità, nel timore di dovererinunciare a posizioni che comunque le venivano sottratte.
Tutto ciò per arrivare ad affermare che le fonti di informazione musicale nel 2012 sono rappresentate dai mezzi e dai modi delle tribù, delle comunità che si formano e si aggregano in maniera magmatica intorno alla bandiera valori più idonea al caso.
Ma queste infinite frammentazioni disperse tra le intricate strade dell’ipertesto globale di internet non sono semplici affatto da seguire.
Ed è qui la forza di queste realtà di cui, sono convinto, qualcuno conosce le mappe segrete nascoste nei meandri di qualche centinaio di server dispersi in tutto il mondo.
Non le puoi osservare, ne devi fare parte. Pensando e ragionando come loro, afferrando le regole del gioco e guidando le esperienze, mentre sei nel gioco.
Queste logiche assomigliano a quelle di un video game della serie Dungeons and Dragons dove alla fine tutti sono imparentati anche se alla lontana, tutti sono schierati dalla stessa parte, l’80% è illuso di comnattere per l’Uomo Giusto, il rimanente 15% sa di avere capito tutto e ha il tesoro che perderà poco prima della fine della partita e l’ultimo 5% sono femmine sceme, scoiattoli parlanti, gabbie di matti conservate in antichi manieri diroccati e virus impazziti.
Ecco fare parte di queste tribù significa lasciare tutto e non ritornare più.
E tutto ciò perché poi? Per capire qualcosa sul nerd indie trip hop techno frozen dance impasticcato di chitarre vintage e di vecchie bobine di nastri usati da campionare a l contaruio dopo averle frullate con la maionese e una cassata siciliana?
Ma per favore, per favore…
E quindi che si fa? Ve lo dirò nel prossimo delirio.