Ruolo e funzione del disc-jockey nella programmazione radiofonica RAI – Introduzione, 1988, Mauro Boccuni

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Per comprendere quale sia stato il ruolo che il Disc Jockey (DJ) o conduttore di trasmissioni di intrattenimento con musica alla RAI  ha assunto nel corso degli sviluppi della storia dell’emittente di stato italiano, è necessario fare un quadro delle condizioni culturali ed economiche che hanno caratterizzato in maniera profondamente diversa  lo sviluppo ed l’affermazione della “musica popolare” in America e in Europa,

II disc-jockey, infatti, è una diretta funzione dell’avvento dei nuovi media elettronici, la radio e il disco, comparsi e consolidatisi nei due continenti nei primi decenni del XX secolo, seguendo due impostazioni che influi­rono differentemente sulla natura dei risultati ottenuti.

In apertura ho usato l’espressione “musica popolare” che ho tradotto letteralmente dall’inglese “Popular music“.

E’ bene fare una netta distinzione tra ciò che in Italia viene inteso per musica popolare, e l’area musicale che il termine definisce nei paesi anglosassoni.

Quando usiamo questa espressione, in Italia generalmente ci riferiamo  all’ambito delle manifestazioni folkloriche regionali che nella nostra cultura nulla hanno a che fare con le forme musicali di consumo o con tutte le altre espressioni artistiche che si avvalgono delle regole imposte dal mercato di massa per arrivare ai consumatori.

Nella cultura anglosassone, “Popular music” è un termine che occupa un più vasto insieme di significati facenti capo ad un’intricata rete di mutui condizionamenti tra le logiche di produzione, distribuzione e consumo degli interlocutori di una società condizionata dalla presenza dei mass-media.

Quindi, quando uso l’espressione “musica popolare  o più semplicemente “pop”, mi riferisco sia ai generi musicali pensati ad un pubblico di massa che alle trasformazioni subite dai generi stessi dovute alle nuove abitudini di consumo, alle mode e alle nuove istituzioni create dalla moderna cultura di massa.

In uno studio sociologico sulla struttura del sistema che regola le attività dell’industria della canzone di consumo e i suoi effetti sulle trasformazioni delle società occidentali del XX secolo, l’autore David Buxton chiarisce il motivo che ha reso possibile la commercializzazione della musica attraverso i dischi, in America e non in Europa,

Mentre in America il fenomeno dell’industrializzazione e quello del’insediamento urbano sono avvenuti temporaneamente allo sviluppo del mezzo radiofonico, in Europa il mezzo di massa più diffuso all’inizio del secolo rimaneva la parola scritta e nel caso specifico della musica popolare, lo spartito o il testo della canzone (Buxton D.1975),

Gli effetti della rivoluzione industriale sulle forme di trasmissione delle culture folkloriche regionali sono stati decisivi nel sancire il lento ma inesorabile tramonto del vissuto quotidiano espresso dalla canzone nata dalla collettività e patrimonio della funzione sociale che la comunità stessa rappresentava.

Negli Stati Uniti, dove pure esisteva un florido commercio di spartiti, venduti ai dilettanti che si volevano cimentare allo strumento per riprodurre il pezzo, ad es. di ragtime, i miglioramenti tecnologici che radio e disco raggiunsero verso la fine del terzo decennio concorsero a decretare il dominio definitivo sul mercato della loro logica industriale.

Con la nascita dello spartito, il cui contenuto veniva semplificato per adattarsi alle esigenza delle abilità manuali di un suonatore medio, l’industria aveva approfittato del requisito fondamentale richiesto per un suo investimento nel settore: la riproducibilità.

Il disco a sua volta aggiunse un altro importante elemento che contribuì alla sua larga diffusione ossia un alto standard esecutivo del pezzo inciso che in quanto tale sancì la natura selettiva della logica produttiva del mezzo stesso.

Nello stesso tempo anche la radio era cresciuta di popolarità e con essa il suo fine promozionale che escluse qualsiasi possibilità di rendere popolari canzoni o strumen­tali che non rispettassero le  ‘leggi’  corrispondenti  al consenso del pubblico di massa.

Quando il disco sostituì definitivamente la trasmissione in diretta delle esecuzioni dei concerti, delle big band, la radio realizzò dei programmi di nuova concezione che rispecchiavano gli interessi di vendita e di generale intrattenimento degli ascoltatori.

Nel 1935 ebbe inizio, in America, la Hit-Parade delle canzoni più vendute, formato che diede l’avvio alla pubblicazione di “Billboard“, il settimanale che dal 1936 è il più accreditato bollettino delle variazioni degli indici di vendita delle canzoni più ascoltate negli Stati Uniti.

Nel periodo di tempo da me preso in considerazione, il decennio che va dal 1930 alla fine del conflitto mondiale, lo “Star-System” cioè il sistema attraverso il quale le compagnie discografiche erano in grado di creare l’immagine del personaggio da classifica musicale, raggiunse un alto livello di perfezionamento.

L’urgenza di rappresentare le aspirazioni dei consumatori mediante un veicolo pubblicitario perfettamente coincidente con le finalità dei canali promozionali, trovò nelle classifiche e nella loro funzione una giustificazione sufficiente agli sforzi compiuti dall’industria per “disciplinare” il consumatore.

I direttori delle grandi orchestre di swing, e poi i “jazz crooner“, così detti per la particolare maniera di adoperare il microfono nel loro stile di canto sussurrato e profondo, dovettero adottare l’impostazione di arrangiamento più consona al modo in cui i fan lo avevano ascoltato per radio. (Buxton D,, 1975)

Anche il disco  aveva contribuito, da  parte sua,  alla creazione di nuovi  generi musicali  come conseguenza  della convergenza di  stilizzazioni urbana di forme folkloriche, quali il  country  &  western, mescolato  allo  swing,  alla musica messicana e al blues. (Quxton D., 1975)

Ma la  radio e  il  disco   insieme costituirono una combinazione vincente  non  solo  sul  piano dei  reciproci interessi economici, ma anche su quello dell’istituzione di una nuova estetica della  recezione musicale, alla quale  il DJ non fu del tutto estraneo.

Se il DJ delle  stazioni radiofoniche americane racco­glie consensi da oltre mezzo secolo presso la vasta audience di ascoltatori quotidiani, il  “recente ingresso” di una figura simile  nel  panorama  della  programmazione  del   servizio pubblico italiano mi aveva persuaso, in origine, ad  interessarmi al tipo  di attività svolta da questo lavoratore specializzato e ai  motivi che  avevano causato  il ritardo del suo inserimento nella radio RAI, avvenuto solo nel 1965.

Volevo considerare la possibilità di offrire un ritratto dettagliato  dei  ruoli  eventualmente  assunti  e  delle funzioni effettivamente  svolte  dal conduttore musicale  per  e  all’interno dell’azienda RAI.

Quando, nel  luglio del  1986, ho iniziato  le  ricerche preliminari per il mio obiettivo,  ho effettuato le prime indagini presso l’archivio dei documenti sonori  dalla  radio RAI,  che, da  una  attenta  e  scrupolosa osservazione, hanno rivelato una profonda e ormai irrecuperabile lacuna  di fonti storiche nel genere considerato.

Le eventuali inesattezze che compariranno nel corso della presente ricerca in realtà sono il frutto di una faticosa opera deduttiva, realizzata solo, salvo rare occasioni, con l’aiuto di un’esigua quantità di materiale a mia disposizione.

 

Nel primo capitolo, ho raccontato quali sono state le principali tappe dell’evoluzione che ruolo del DJ ha assunto nell’e­conomia dello show-business dei mass-media americani e inglesi.

La “tradizione” statunitense l’ho eletta a caposaldo del modello del DJ seguendone l’affermazione del modello nei paesi europei più coinvolti dalle espressioni musicali giovanili degli anni sessanta.

Nel secondo capitolo, il profilo storico/descrittivo si concentra sulle iniziati­ve radiofoniche che, tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni ottanta in Italia, si sono distinte nell’ opera di divulgazione della musica rock e pop.  Il capitolo è introdotto  dall’evoluzione dei costumi dei giovani italiani degli anni ’60 e dalle abitudini di consumo, all’origine del lento processo di trasformazione e aggiornamento dei canali di informazione alternativa.

Nel capitolo, non ho fatto alcun accenno, se non sporadico, alle manifestazioni di dissenso interno all’azienda RAI che nel 1975 hanno condotto ai progetti di riforma radiotelevisiva del servizio pubblico.

Questo per evitare di introdurre un parametro di valutazione critica ipotizzabili modifiche introdotte nella ripartizione dei contenuti nei programmi o nella posizione dei ruoli dagli organici addetti alla produzione delle trasmissioni considerate.

La selezione dei programmi musicali presi in esame nel capitolo e di cui ho tracciato un breve profilo si è resa quasi obbligata per le caratteristiche delle trasmissioni. Ciò mi ha permesso una indagine, seppur faticosa ed incom­pleta, sui ruoli e le effettive funzioni dei conduttori musicali.

Nel terzo capitolo, viene affrontata la nascita delle reti stereofoniche di StereoUno, StereoDue e Stereonotte osservata nel più vasto scenario delle proposte di genere leggero o di evasione musicala che hanno costi­tuito parte dell’eredità più prestigiosa dei palinsesti dei tre canali radiofonici.

Ho ritenuto opportuno introdurre l’argomento riassumen­do gli avvenimenti di risveglio sociale di maggiore rilievo che verso la metà degli anni settanta vennero sviluppandosi in un sistema radiotelevisivo soggetto a rapidi aggiornamen­ti tecnologici.

Fanno seguito i capitoli riguardanti la ricerca sulla conduzione della trasmissione esaminata, che ho suddiviso in tre sezioni dedicate rispettivamente al palinsesto del programma, alle considerazioni ricavate dall’osservazione delle attività dei conduttori coinvolti ed infine ad un’analisi del contenuto del programma.

A questo proposito, voglio ringraziare per la disponi­bilità di tempo e di materiale i funzionari delle tre reti stereofoniche, ed in particolare modo il Dott. Eodele Bellisario e Marina Mancini, programmisti/registi di Rai-StereoUno.

Un ringraziamento particolare lo devo al Dott. Antonino Cascino per l’aiuto gentilmente prestatemi all’inizio dalla ricerca per avermi schiuso alcune porte prima sbarrate.

Un sentito e caloroso abbraccio agli amici DJ che ho conosciuto ed apprezzato nel corso del reperimento del materiale, ed in particolar modo a Luca De Gennaro, Francesca Martinotti, Mario Pezzolla e Stella Romagnoli per il loro speciale contributo.

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