Intervista integrale ai Revenaz Quartet (Terra maggio 2012)

Revenaz Quartet

Che in Musica non si “crei” nulla di nuovo nel senso della sorpresa, dell’attesa appagata, dei sensi reidratati da un flusso imprevisto di energia, insomma che l’avventura dell’ascolto si sia arenata sulla battigia della sola difesa del Buon Gusto anima i rari dibattiti di chi si diletta come me ostinatamente a fare – perchè no – scouting musicale.

E’ come partire per una ricerca della pagliuzza d’oro che i sassi del letto del fiume nascondono inconsapevoli del valore di chi la cerca. Un pò come i dischi in vinile che fino a qualche anno fa venivano quasi regalati a chi li scovava a casa di amici e parenti.

Ora sono oro che luccica nel regno dei mercanti del Konsumo expensive, because chic.

Quando mi sono imbattuto nei Revenaz Quartet (Li trovate su Facebook anche sotto Revenaz Quore) ho apprezzato innanzitutto la natura del progetto di cui vi parleranno loro nelle risposte  alla mia intervista.

Mi fido del mio istinto e sento che sono una novità per talento, qualità della proposta, saggezza, ironia, creatività e senso della disciplina. Come si dice, “sono giovani e si faranno”. Ma voi seguiteli. Per conoscerli dovete apprezzarli nelle loro performance dal vivo; altrimenti su Soundcloud, You tube e MySpace.

 

Che rapporto esiste tra voi e Napoli? Una città che non è da tempo al centro neanche di sé stessa, ma che continua ad essere una fucina di talenti e di creatività. I RQ a cosa non rinuncerebbero mai del privilegio di essere figli di questa città\luogo dello spirito?

 

Tra noi e Napoli c’è una relazione di cordiale stima reciproca! La nostra è la città dei tesori nascosti con cui instaurare rapporti personali e viscerali. Ci sono decine di luoghi mozzafiato, piccole chiese ricchissime di capolavori ma sconosciute ai più, scorci mozzafiato, assai lontani dall’immagine stereotipata che si preferisce dare della città, e manifestazioni di genuina vitalità popolare, come le irriducibili sacche di religiosità pagana distribuite sul territorio, misteriosamente prorompenti in precisi momenti dell’anno e accessibili solo a un gruppo ristretto di devoti-appassionati. Tutto questo materiale artistico ed umano è tanto bello quanto inesplorato, cosa da un lato gravissima (perché tanti monumenti versano in stato di abbandono e degrado mentre, valorizzandoli, se ne potrebbe trarre tanto profitto), ma dall’altro affascinante perché questa inesploratezza è anche la caratteristica magica che rende così confidenziale il dialogo tra queste meraviglie e chi ha la fortuna di conoscerle.

Tutti i componenti dei Revenaz sono nati e vivono a Napoli e, anche se nella nostra musica non ci sono manifesti richiami alla tradizione partenopea, probabilmente questo rapporto così immediato e personale con l’arte e la cultura a cui accennavamo ha influito moltissimo nella nostra attitudine a mischiare generi e stili diversi senza farci troppi scrupoli!

E se dovessimo scegliere un prodotto della nostra terra, ancora poco valorizzato, ma a cui non sapremmo mai rinunciare, penso che sceglieremmo… la pizza!

 

Siete un gruppo musicale che fa della performance multimediale la sua espressione, il suo linguaggio di riferimento. Il punto è che usate la teatralità e le sue tecnologie in maniera inconsuete. E il tutto appunto non a corredo della musica. Lo osservo ad esempio nell’uso degli audiovisivi che non svolgono una funzione né didascalica né di complemento. Nella struttura compositiva che pur rigorosa accoglie disinvolta spunti narrativi adatti al balletto, al cinema di animazione, al free jazz e alla sperimentazione acustica. Come ci si ritrova a mettere insieme questo tipo di offerta artistica e che scambio s’instaura tra la band, i suoi componenti e questi sorprendenti risultati?

 

Costituire un progetto che prevedesse la compresenza di contributi artistici disparati è stata una scelta obbligata. La ragione di questa scelta è che, a nostro avviso, non si può essere sinceramente contemporanei (il che vuol dire comprendere, rappresentare, interpretare ma anche a volte prendere le distanze dalla contemporaneità) senza padroneggiare bene tutti i requisiti comunicativi della cultura di massa. Il nostro è il tempo della cultura collezionata e spezzettata in fascicoli per essere meglio venduta, dove i messaggi sono istantanei e spesso contraddittori e dove il particolare (dalle notizie di cronaca nera alle farfalle inguinali) è ostentato e spettacolarizzato. Per raccontare tutto ciò avevamo bisogno di una radio (la nostra musica è assai vicina allo zapping nevrotico delle radio), di una lente d’ingrandimento (lo zoom e il grandangolo della nostra telecamera), di un computer (con google sempre in primo piano) e di tutta una serie di performer (di cui sono zeppi i nostri live e i nostri contributi su youtube), per avere sempre dalla nostra la forza e la verità di un happening artistico.

 

REVENAZ QUARTET – SAMBATORE (Live at M.A.D. Studio)

 

Come vi ha accolto il pubblico e con quale spirito viene ai vostri spettacoli dal vivo?

 

Il nostro pubblico, da vivo, viene spesso ai nostri spettacoli con uno Spirito …e spesso si tratta del cadavere di un’ideologia (devono solo scegliere di quale ideologia sbarazzarsi). È però vero che non di rado anche alcuni Spiriti vengono ai nostri concerti accompagnati da persone apparentemente vive, ma in realtà più sepolte di loro. Una volta ci capitò perfino lo Spirito di Bela Bartòk che venne dietro le quinte a farci i complimenti e, pensate, si portava dietro un ex sessantottino diventato parlamentare!

 

Siete un quartetto più un regista che da quanto abbiamo raccontato è un membro effettivo della band. Se aveste un budget diciamo interessante da spendere per un progetto, quali confini superereste domani?

 

Siamo attratti da una possibile interazione con la danza, seguiamo con attenzione le evoluzioni multimediali di Amon Tobin e ci interessano molto le possibilità timbriche della grande orchestra nella musica contemporanea. Però, visto che i nostri concerti si caricano di senso in maniera direttamente proporzionale all’affluenza massiccia di pubblico, probabilmente se avessimo un budget considerevole lo spenderemmo per convincere, pagandole, tantissime persone a venire a un nostro concerto, fino ad avere, così, una folla oceanica da disorientare con la nostra esibizione!

Michel Martone (parodia) – Revenaz Beatles Quartet

Siamo su Terra e devo rivolgervi una domanda ecologista. Tetes du bois e Radiohead sono stati tra i primi che io ricordi ad organizzare un tour ad impatto zero o comunque a tutela dell’ambiente. Come organizzereste il vostro tour ad impatto zero?

 

Visto che veniamo da una città costantemente alle prese con problemi di smaltimento rifiuti e inquinamento acustico, sarebbe divertente provare un esperimento per sensibilizzare alla differenziata: entra gratis al nostro concerto solo chi ha comprato un cd di Gigi D’Alessio e, cestinandolo all’ingresso con cura (facendo attenzione nel dividere la plastica dalla carta), dimostra allo stesso tempo di essersi pentito dell’acquisto e di padroneggiare bene le tecniche di raccolta differenziata.

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